Il deserto dei Tartari
Il deserto dei Tartari

Il deserto dei Tartari

Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati, Mondadori editore

Il deserto dei TartariGiovanni Drogo, giovane ufficiale in carriera viene assegnato di stanza alla Fortezza Bastiani, luogo di confine con le terre del nord. È un avamposto dalle mura giallastre posto a difesa da una possibile invasione che forse arriverà un giorno, anzi di sicuro arriverà, ma non si sa quando. Giovanni giunge lì e come tutti pensa che la sua permanenza sarà breve, pochi mesi e poi ritornerà alla vita di sempre, eppure non è questo il suo destino. La Fortezza, quasi dotata di una propria magnetica personalità, lo cattura, come già altri prima di lui. E così i quattro mesi diventano quattro anni. Il suo tentativo di allontanarsene fallisce, la sua timida richiesta di essere assegnato altrove è respinta. Passano i giorni, passano gli anni, Giovanni invecchia. E quando l’ossessione degli abitanti della Fortezza di veder arrivare il nemico finalmente prende corpo, per Giovanni è troppo tardi. Fiaccato dalla malattia viene allontanato da quel luogo che ormai gli era familiare. Quello che lo aspetta è comunque l’ultimo duello, quello che attende ogni uomo alla fine dei propri giorni e Giovanni lo affronta con il sorriso dell’eroe.

Il Deserto e la Fortezza

Il libro è una lunga metafora della vita e del tempo che passa. Ciascuno di noi è solo in una Fortezza affacciata su un deserto pietroso. Una Fortezza che non serve a niente, se non a difendersi da una minaccia inesistente, temuta ma non definita. Ciascuno trascorre la vita e consuma i giorni nell’attesa di un qualcosa che verrà, guardando il mondo che cambia attorno, pur restando sempre eguale. Si succedono incontri, si condividono brevi momenti con qualcuno che ha la nostra stessa sorte. Si parla, si chiacchiera, ingannati dal fluire sordo del tempo. Sembra che tutto resti eguale eppure tutto cambia, giorno dopo giorno, anno dopo anno. “E poi ti trovi vecchio e ancor non hai capito che la vita quotidiana ti ha tradito”, dice Guccini facendo eco a Buzzati. E dopo il lungo attendere, alla fine di tutto c’è l’ultima battaglia, l’unica da cui non possiamo uscire vincitori. L’unico modo per dimostrare il nostro valore è sorridere e affrontare con ironia e distacco l’indifferibile momento. La vita dell’uomo è racchiusa in un’attesa, in una tensione verso l’unico dato sicuro e incontrovertibile. Tutto quel che accade in mezzo è accessorio, precario, futile.

Nella Fortezza interno ed esterno di confondono, l’aspro paesaggio montuoso vive in parallelo con la spartana architettura dell’avamposto. Le stagioni della Natura cambiano di pari passo a quelle dell’uomo e così l’infanzia si tramuta in giovinezza per poi scivolare lentamente verso la maturità e la vecchiaia. E ogni stagione porta con sé l’attesa per un domani ignoto, per un qualcosa di sorprendente che deve manifestarsi e che ci stupirà offrendo un senso al nostro esistere.

La risposta che non c’è

“Gli pareva, la Fortezza, uno di quei mondi sconosciuti a cui mai aveva pensato sul serio di poter appartenere, non perché gli sembrassero odiosi, ma perché infinitamente lontani dalla sua solita vita. Un mondo ben più impegnativo, senza alcuno splendore che non fosse quello delle sue geometriche leggi.”

Arrivo e partenza si confondono tra nostalgia e rimpianto e il cerchio della vita si chiude proprio quando sembra intravedersi una risposta alla nostra domanda sul perché e cosa attendiamo. Ma dov’è davvero la risposta? Fuori nel deserto pietroso o dentro la Fortezza sorvegliata dalle nostre precarie abitudini? Al lettore l’ardua sentenza.