La canzone di Achille
La canzone di Achille

La canzone di Achille

La canzone di Achille di Madeline Miller, Marsilio editore

Ovvero di come un’insipida fan fiction possa diventare un best seller.

la canzone di achilleIn un mondo dove Wattpad è ritenuto la culla della letteratura non sorprende che un libro sgangherato come questo sia diventato un fenomeno culturale. I criteri con il quale è stato costruito sono esattamente quelli usati in una fan fiction di modeste pretese. Si prendono i personaggi di una qualche serie tv o di un libro molto conosciuto e si fanno vivere di vita propria, inventando avventure per lo più a sfondo romantico. Non importa quanto fedeli siano alle ambientazioni e ai personaggi originali, quel che conta è la storia d’amore tra i due protagonisti. Se poi la arricchiamo di descrizioni sdolcinate che parlano di languidi sguardi, di sudore che sa di mandorle, di talloni conturbanti e di riccioli d’oro possiamo essere sicuri di mandare in deliquio il nostro pubblico. E se la storia ha un triste epilogo, le lacrime a fiumi sono sicure. Quando sento di giovani e non più giovani che hanno pianto sulle pagine di questo libro mi sento accapponare la pelle. Siamo di fronte a un vero e proprio trionfo del Kitsch.

Umberto Eco e il Kitsch

Umberto Eco ha ben spiegato origini e finalità del Kitsch e i suoi rapporti con Midcult e Masscult in La struttura del cattivo gusto che fa parte della raccolta di saggi Apocalittici e integrati. “Un brano è Kitsch non solo perché stimola effetti sentimentali, ma perché tende continuamente a suggerire l’idea che, godendo di questi effetti, il lettore stia perfezionando una esperienza estetica privilegiata. E quindi a caratterizzarlo come brano Kitsch, non intervengono solo i fattori linguistici interni al messaggio, ma anche l’intenzione con cui l’autore lo “vende” al pubblico, nonché l’intenzione con la quale il pubblico vi si rivolge.” E ancora “Kitsch è l’opera che, per farsi giustificare la sua funzione di stimolatrice di effetti, si pavoneggia con le spoglie di altre esperienze, e si vende come arte senza riserve.”

Partendo da qui, cosa troviamo allora di bello, si fa per dire, nel nostro libro? Tentiamo di abbozzarne un’analisi veloce, evidenziando alcuni elementi chiave che lo caratterizzano.

Trama

Patroclo racconta la sua lunga storia d’amore iniziando da quando, ancora fanciullo, dopo una prima infanzia sfortunata, viene esiliato a Ftia e incontra Achille. Tra i due è subito intesa che sboccia nell’amore durante il periodo trascorso dal centauro Chirone. Teti non approva la loro unione e tenta in tutti i modi di ostacolarla. I due innamorati tuttavia partono insieme per la guerra di Troia, anche se inizialmente non ne erano troppo convinti. Achille si copre di gloria mentre Patroclo si dedica alla cucina e alla cura dei feriti. Poi come va a finire tutti lo sappiamo. Dopo il furibondo litigio tra Achille e Agamennone per Briseide, Achille si rifiuta di combattere, i Greci sono prossimi alla sconfitta e Patroclo decide di scendere in campo con le armi di Achille. La sua scelta gli costa la morte in battaglia ed è il motivo per cui Achille riprende le armi e uccide Ettore per poi essere a sua volta ucciso da Paride. Alla fine le ombre dei due eroi si incamminano insieme verso l’Ade dopo che Teti ha inciso sulla tomba del figlio il nome di Patroclo accanto a quello di Achille a imperitura memoria del loro grande amore. Buona parte degli spunti narrativi ricalca, come scritto anche dall’autrice, i testi omerici, i poemi del ciclo omerico, i miti greci. E sullo spunto di questi viene intessuta una storia lacrimevole e romantica che fa impallidire Love Story.

Personaggi

I due protagonisti sono, ovviamente, Achille e Patroclo che trascorrono tutto il tempo a tubare come due tenere colombe scambiandosi dolci baci e languide carezze. Teti, austera dea madre di Achille, è il principale ostacolo all’unione degli innamorati e la sua descrizione sembra quella di Ursula nel cartone animato Disney della Sirenetta (capelli lunghi e neri, sciolti come serpenti nel vento, statura innaturale, viso diafano come ossa spezzate, pelle luminosa e pallida come il primo ghiaccio dell’inverno, pelle delle sue palpebre con il colore della sabbia in inverno,  la voce roca e aspra come pietre che digrignano fra le onde o simile al latrato di una foca, occhi neri al centro screziati d’oro che sembrano squarci nella pelle e si contraggono come stelle morenti, respiro gelido come gli abissi del mare, la bocca uno squarcio rosso come lo stomaco aperto di un animale sacrificato, labbra rosse come sangue appena versato o squarci rossi come i lembi di una ferita, i denti scintillano bianchi e affilati come osso, labbra tirate indietro per scoprire i denti, la mascella affilata come la lama di un coltello, la gola bianca e soffice come il manto di una foca, mani bianche e fredde come sabbia, odore di acqua marina e di miele, lieve profumo ustionante del sale, l’erba avvizzisce dove si ferma e la terra gela). Chirone è invece il mentore dei due giovani e si distingue per forza e saggezza. Tutti gli altri sono personaggi di secondo piano, (compresi gli eroi greci e troiani) utili solo a ravvivare la narrazione e a giustificare scelte e azioni dei protagonisti.

Stile e linguaggio

Il linguaggio è molto semplice, scorrevole, non fa uso di termini che non siano men che comuni. Si rende in tal modo adatto a un pubblico molto ampio, in particolare a quello affamato di storie romantiche. Occhi, labbra, piedi, talloni ginocchia, capelli e pelle sono continuamente evocati e accompagnati da aggettivi terrificanti:

  • talloni che brillano rosei, pianta rosea dei piedi, piedi rosei e delicatamente bronzei, piedi freschi rosei e morbidi, piedi che sanno di melograno e sandalo…
  • capelli luminosi, scintillanti, riccioli dorati, un bagliore di capelli, capelli che splendono, la chioma simile all’oro, la fiamma dei capelli che lambisce la fronte…
  • occhi verdi con screziature dorate, il verde febbricitante degli occhi
  • bocca come un arco carnoso, labbra rosse, bocca calda e zuccherina, il bagliore roseo delle labbra…
  • bellezza che splende come una fiamma
  • naso come una freccia aristocratica
  • grazia nelle membra, mani bellissime e gentili
  • gola soffice come pelle di cerbiatto
  • pelle morbida e polpastrelli caldi, pelle liscia come marmo, pelle che formicola…
  • profilo perfetto, lui è primavera dorato e splendente
  • il viso come il sole, guance rosee, viso bellissimo incorniciato dall’oro dei capelli…
  • sudore che sa profumo di mandorle, il sale del sudore pulito, profumato di sudore, cuoio e metallo…

E altrettanto trite, ritrite e melense le descrizioni di emozioni e paesaggi ripetute sino alla nausea:

i suoi occhi verde scuro dentro i miei, il cuore mi accelera, goccia ardente di piacere, stomaco scosso da tremito, viso incorniciato dalla luce, il letto sembrava freddo senza di lui, sopra di noi le stelle erano velate, il crepuscolo si avvicina furtivo, le mura di pietra luccicavano afferrando i raggi taglienti del sole

Epiteti milleriani

In tutto questo profluvio di epiteti e similitudini, che vorrebbero emulare Omero, si crea una ridondanza infinita dello stesso identico tema che pervade tutto il libro: Patroclo amava tanto Achille (e viceversa). Non c’è nessuna caratterizzazione psicologica dei personaggi, nulla che intenda descriverne dubbi esistenziali e travagli interiori, solo il mantra amoroso ripetuto sino allo sfinimento.

Francamente non si sentiva il bisogno di scomodare Omero per raccontare la solita, insipida e melensa storiella d’amore. Al posto di Achille e Patroclo in definitiva potevano esserci Mario e Giorgio, Carla e Giuseppe, Alessandra e Ginevra e il risultato sarebbe stato lo stesso: lettori in visibilio e delirio glicemico. Evidentemente però, e fortunatamente per l’autrice, buona parte del pubblico non la pensa nel mio stesso modo.

Citando ancora Eco da Apocalittici e integrati, possiamo concludere che: “quando tutti gli archetipi irrompono senza decenza, si raggiungono profondità omeriche (è proprio il caso di dirlo).”  e che “il colmo della banalità rasenta il sublime.” visto che “due cliché fanno ridere, ma cento commuovono perché si avverte oscuramente che i cliché stanno parlando tra loro e celebrano una festa di ritrovamento.”

In questo è più che mai attuale infine quanto Eco scrive ne Il superuomo di massa: “Quando un atto di comunicazione scatena un fenomeno di costume, le verifiche definitive andranno fatte non nell’ambito del libro ma della società che lo legge.”

Ma questa, ahimè, è tutta un’altra storia…