Tre cene
Tre cene

Tre cene

Tre cene di Francesco Guccini, Giunti Editore

Tre ceneCon la sua tipica abilità affabulatoria Francesco Guccini ci porta sull’Appennino Tosco-Emiliano ad ascoltare storie di un tempo passato. Le tre cene, che fanno da filo conduttore alla narrazione e che si inseguono ciclicamente, si svolgono in tre diversi periodi storici.

Tre racconti

La prima cena è ambientata negli anni Trenta, a cavallo tra le due guerre e i protagonisti sono dei ventenni spensierati che si concedono una mangiata e una bevuta colossale in una fredda notte d’inverno. La seconda si svolge negli anni Settanta e i nuovi protagonisti, non più giovanissimi, hanno perso parte della loro spensieratezza. La terza cena, che in realtà è un pranzo, è ormai a fine secolo e il mondo che descrive dista davvero un “secolo” da quello del primo racconto. Le case sono per la maggior parte disabitate o trasformate in seconde abitazioni di turisti alla ricerca di folklore, i partecipanti non si accontentano più dei cibi semplici e gustosi di un tempo ma cercano novità e prelibatezze sfiziose. Le troppe sigarette fumate appesantiscono il respiro e rendono ardue la salite.

Tra la via Emilia e il West

Sembra di sentirla la voce di Guccini mentre stiamo leggendo. La voce roca, dall’accento inconfondibile, il parlare venato di sapiente ironia. E davvero viaggiamo con lui nel tempo e nello spazio alla ricerca di un tempo che fu, di persone e modi di vivere andati, di termini dialettali in disuso, di sapori e odori di un’infanzia che sembra quasi preistoria per un giovane d’oggi. Vita spartana, cibo povero e misurato, rare occasioni per festeggiare, vestiti rattoppati, case senza riscaldamento se non quello del camino, arredamenti essenziali. Osserviamo i piccoli paesi di montagna dove tutti si conoscevano e sparlavano gli uni degli altri ma dove tutti erano anche sempre pronti a darsi una mano perché si sapeva che la comunità poteva reggersi solo sull’essere solidali.

Tra passato e presente

I protagonisti sono uomini e donne comuni che chiunque può avere incontrato, con storie comuni alle spalle di lavoro, di emigrazione, di delusioni e di amori ricambiati o meno. E più il tempo incalza e si avvicina al presente, più i cambiamenti si fanno sensibili e inesorabili. Cambia il paesaggio trasformato da cemento e industrie, cambiano le persone che hanno obiettivi sempre più ambiziosi, cambia il modo di vivere sempre più frenetico. Agli abitanti si sostituiscono lentamente i turisti che cercano un rifugio temporaneo dalla caotica vita cittadina e una parvenza di tranquillità e semplicità. “Ma il tempo andato non ritornerà“, come cantava appunto Guccini, e quel che resta dei piccoli centri abitati non è altro che un simulacro di un passato che vive ormai solo nel ricordo dei vecchi, di quei vecchi che “non sanno, nel loro pensiero, distinguer nei sogni, il falso dal vero.”

La lettura procede spedita velata di sorrisi e di tristezza, come lo è tutta la nostra breve esistenza che scorre tra le pagine riunendo le generazioni dei nostri nonni, dei nostri genitori e infine le nostre racchiudendole in un anello, in un grande cerchio dove tutto ritorna.