Costruire una storia: la struttura
Costruire una storia: la struttura

Costruire una storia: la struttura

Costruire una storia: la struttura

Macchina per scrivereFase 5 La struttura

Quando abbiamo ben chiari i personaggi iniziamo a buttare giù una scaletta della narrazione. Non serve essere precisi, anzi. Dobbiamo però avere un’idea abbastanza chiara di come si svolgerà la vicenda. Sicuramente in corso d’opera cambieremo mille volte le scene ed il finale in base a dove la narrazione stessa ci porta, ma è importante pensare ad una struttura solida che sostenga il lavoro. La trama sarà quella che definiamo fin da subito, magari aiutandoci con uno schema. La costruzione potrà variare in base alle occasioni che di volta in volta si presenteranno. A questo proposito può essere utile distinguere tra fabula e intreccio: secondo i formalisti russi la fabula è la ricostruzione delle sequenze in ordine cronologico, mentre l’intreccio è lo svolgimento costruito dall’autore all’interno dell’opera. Non necessariamente i due aspetti coincidono. Quando scriviamo dobbiamo perciò avere molto chiara la fabula che poi metteremo in atto nell’intreccio.

Fase 6 Il linguaggio

La scelta del linguaggio è fondamentale. Può sembrare una banalità dirlo, ma il linguaggio dev’essere consono al contesto. Far parlare in modo forbito e classicheggiante dei giovani in discoteca che si impasticcano può non essere un’idea grandiosa. E neppure usare uno slang da malavita per far parlare degli scout. Facciamo chiarezza sui nostri personaggi, proviamo a farli dialogare tra loro e vediamo cosa succede. Alla prima nota stonata rivediamo il tutto. Non dobbiamo mai avere paura di eliminare quanto non ci sembra ben riuscito. Non abbondiamo con abbreviazioni da social e frasi smozzicate. Se è vero che oggi la lingua parlata e quella della corrispondenza spicciola sono fortemente deteriorate, non possiamo ridurre un romanzo a un lungo SMS. Cerchiamo poi di non esagerare con le frasi atomiche composte da soggetto, verbo e al massimo complemento seguite da un punto. Dopo un po’ fanno venire l’ansia. Possono servire a creare un’atmosfera per un breve tratto, poi la narrazione deve riprendere il suo corso normale. Il bello della lettura è dato anche dal ritmo lessicale.

Fase 7 L’ambientazione

Ho sentito ripetere troppe volte da editori e agenti letterari che bisogna scrivere solo della realtà che ci circonda, perché è l’unico modo di essere credibili. La mia idea è che bisogna scrivere di ciò che si conosce e si ama. Se un autore di Trebaseleghe ama il Kenya, ne conosce storia, cultura, territorio, ha avuto modo di visitarlo più volte, di intrattenersi con gli abitanti, di condividerne la vita, perché mai non può scrivere un libro sul Kenya e deve invece scriverlo su Trebaseleghe perché un editore lo ritenga attendibile? Quello che conta è la conoscenza profonda dell’ambiente in cui si svolge il romanzo, poco conta che sia del quartiere sotto casa o dell’Amazzonia. Non dimentichiamo poi le eccezioni come Salgari che non si è mai mosso da casa… Trovo deprimente che gli autori debbano essere condannati a scrivere in eterno “I peccati di Peyton Place” per sperare di essere pubblicati.

Fase 8 Il periodo storico

Anche in questo caso dobbiamo stare molto attenti a trattare la nostra vicenda in un periodo storico che conosciamo molto bene. Ambientare il lavoro nel medioevo e non sapere nulla di usi, costumi, guerre, carestie dell’epoca può essere un autogoal. Qualsiasi sia l’epoca scelta, se non contemporanea, va approfondita con cura per evitare errori grossolani. Questo anche se, nati ad esempio negli anni ’80, vogliamo ricostruire l’atmosfera degli anni ’70. Il non vissuto in prima persona va documentato con cura per non esprimere giudizi a sproposito e descrivere fatti e situazioni in modo superficiale.