Intervista ad Alberto Toso Fei tratta da CSI Multimedia
Intervista ad Alberto Toso Fei tratta da CSI Multimedia

Intervista ad Alberto Toso Fei tratta da CSI Multimedia

ALBERTO TOSO FEI

Alberto Toso FeiNasce nel 1966 da un’antica famiglia di vetrai di Murano di cui si hanno notizie già dal 1351. In un suo articolo, la giornalista e scrittrice Antonella Barina lo descrive come segue:

“Veneziano doc trasferito a Roma, è diventato un’autorità in fatto di misteri: i suoi libri sugli enigmi di Venezia e dintorni vendono in laguna più dei romanzi di Dan Brown, hanno ispirato trasmissioni tv, cortometraggi e un festival del mistero; i suoi recital in teatri, palazzi storici e perfino sul Canal Grande attirano folle di spettatori; i suoi giochi hanno dato vita a una saga, The Ruyi, in cui si esplorano le città sfidandosi in una gara tra turismo e tecnologia”.

Tra i suoi libri più noti citiamo “I segreti del Canal Grande”, “Misteri di Venezia” e “Misteri di Roma”.

1) Com’è nata la passione per i misteri e le leggende di Venezia?

Non c’è un vero momento di inizio, tutto ha preso forma e vita un po’ alla volta. A un certo punto mi sono accorto di essere divenuto un “portatore di storie”, leggende che colpiscono l’immaginario e che conoscevo fin da bambino grazie al racconto dei nonni. Non trovando notizie sulle storie della mia infanzia, ho deciso di raccoglierle io stesso poiché mi sentivo uno degli ultimi depositari di questo sapere. All’inizio non si è trattato di un lavoro volto a fini editoriali, mi interessava soprattutto la salvaguardia di una parte del nostro patrimonio che correva il rischio di andare perduta. All’inizio del mio percorso ho inanellato le storie una dopo l’altra così come le ricordavo poi ho iniziato un lavoro di perfezionamento, ricerca, ricostruzione. In alcuni casi ho attinto dai fatti di cronaca che hanno dato luogo alle leggende (alcune storie – specie quelle del secolo scorso – nascono da fatti storici ben definiti e poi vengono trasformate dall’immaginario collettivo), in altri ho operato una ricostruzione filologica attraverso la comparazione di testi di tradizione veneta o addirittura europea. Venezia, nel suo essere stata centro culturale e di scambi di ogni genere, è stata anche una sorta di crocevia di storie.

2) Qual è la storia da te raccontata che ritieni più curiosa?

Forse una delle prime leggende su cui ho lavorato, una storia che conoscevo fin da bambino e che ha segnato la mia infanzia finché non ho scoperto che prendeva origine da una vicenda realmente accaduta. Tutto accadde la sera nebbiosa del 29 novembre 1904, quando all’imbrunire Francesco Quintavalle, comandante del vaporetto “Pellestrina” che dalle fondamente Nove avrebbe dovuto recarsi a Burano, malgrado la visibilità quasi nulla, decise di partire per l’insistenza degli “arsenalotti” buranelli che dopo una lunga giornata di lavoro non vedevano l’ora di tornarsene a casa. Dietro di lui, lasciandogli dieci minuti di tempo per doppiare la punta di San Michele, si erano mosse due gondole piene di muranesi di ritorno da Venezia. Le cronache narrano che una volta arrivato all’altezza del cimitero, Quintavalle decise di invertire la rotta ma le gondole erano proprio dietro di lui che se ne accorse solo quando fu troppo tardi. Una delle imbarcazioni fu spaccata a metà e affondò con tutto il suo carico umano, facendo perdere in pochi istanti le tracce di cinque passeggeri – tutte donne. Le ricerche, malgrado la nebbia fittissima, iniziarono subito e continuarono per tutta la notte. A qualche ora dall’incidente Maria Toso Bullo fu avvistata aggrappata a una bricola. Portata di corsa a Murano, morì qualche minuto più tardi. Anche i corpi senza vita di Lia Toso Borella e Amalia Padovan Vistosi furono trovati il mattino successivo, all’interno della poppa della gondola. Nessuna traccia invece di Teresa Sandon e Giuseppina Gabriel Carmelo, ancora bambina, inghiottite dalle acque. Nel settembre 1905, a dieci mesi dalla tragica vicenda, Teresa Sandon apparve in sogno a una sorella: “Prega per me, per la mia anima – le disse – perché il mio corpo è ancora prigioniero, ma se tu preghi sarà liberato dai legami che lo tengono sul fondo del canale e potrò riposare in terra benedetta”. Una decina di giorni dopo quel sogno impressionante, un corpo martoriato fu visto affiorare da due pescatori nel canale della Bissa, verso le Vignole. Lo scapolare che aveva ancora al collo lo fece riconoscere. Era il cadavere di Teresa Sandon. La piccola Giuseppina Gabriel Carmelo non fu mai ritrovata: le sue ossa riposano sul fondo della laguna, ma il suo spirito ha trovato pace in una piccola bara galleggiante che si può vedere nelle notti di nebbia, illuminata da ceri perché i traghettatori non abbiano a sbattervi contro.

3) I tuoi racconti su Venezia, città antica, cosa possono insegnare a noi moderni?

Sono convinto che le storie del passato possano ancora raccontarci molto del nostro presente e indirizzare perfino le nostre scelte future. Le storie rappresentano la memoria: di un luogo, delle persone che lo abitano, di una città intera. Memoria significa Identità. E sapere sempre meglio chi si è stati, e dunque stabilire con maggiore consapevolezza chi si è, significa anche forgiare il nostro carattere: il carattere delle persone, ma anche il carattere di una città. Memoria-Identità-Carattere. La sequenza è questa; se manca la prima, le altre diventano difficili da costruire.

4) Cosa sono i “QR Code”, come è perché li hai inseriti nei tuoi libri di racconti.

I codici QR sono quei quadrati composti di tanti “pixel” che ormai si trovano dappertutto e che permettono, con l’utilizzo dello smartphone, l’accesso a contenuti multimediali. Nel caso di “Misteri di Venezia” e del suo gemello “Misteri di Roma”, si tratta di brevi filmati nei quali compaio io per raccontare alcune delle storie nei luoghi stessi ove presero origine. Una sorta di “cantastorie tecnologico” che utilizza la tecnologia più recente (ma anche più diffusa) per raccontare storie della tradizione. È stato un lavoro di produzione effettuato espressamente per i libri, e devo dire che il gradimento del pubblico – anche della fasce più giovani di lettori – non si è fatto attendere. Questo significa che le storie non sono “vecchie”, sono antiche. E che utilizzando un supporto più moderno e accattivante (senza peraltro rinunciare alla carta) si può narrare in modo “contemporaneo” ciò che ci appartiene come passato.

5) Ci sono somiglianze tra le storie raccolte a Venezia e quelle raccolte a Roma?

Vi sono delle similitudini in alcuni passaggi narrativi, specialmente nel Cinquecento che è forse il secolo di maggior scambio tra i due Stati. Curiosamente ciò avviene più spesso in ambito sessuale, come nel “sesso femminile che va a fuoco” raffigurato sul Ponte di Rialto che trova la sua similitudine nella sorte che tocca a Febilla, figlia di Giulio Cesare, nella saga di “Virgilio mago”. E poi, statue parlanti in entrambe le città, corde da bagnare rocambolescamente per innalzare le colonne della Piazzetta di San Marco o spostare l’obelisco di San Pietro, storie di scimmie, di teste di marmo affisse in luoghi centralissimi (ovviamente portatrici di leggende), oltre alle vicende di mille persone che vissero esperienze e avventure (non sempre a lieto fine) sospese tra le due città: Pietro Aretino, Giordano Bruno, Wolfgang Goethe, per citare i più famosi.

6) Puoi anticiparci qualcosa sui tuoi progetti futuri?

Fermo restando che continuerò a esplorare questi aspetti leggendari legati ai luoghi, a Venezia come altrove in Italia, credo che sia arrivato il momento di dedicare un po’ di energie alla scrittura di un romanzo.

 

Sito dell’autore: https://albertotosofei.it/

Intervista del 30/04/2013

Pubblicato per gentile concessione dal sito CSI-Multimedia di Cristina, Alfredo e Camilla